Dal 1996 al 2019 il Pil del Nord ha fatto registrare una crescita di oltre il 20 per cento, mentre il Sud si è fermato al 3,3. Ancora più marcato è il dato sull’occupazione: Nord +0,3%, Sud -0,8%. A sottolinearlo è il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, parlando dal palco del convegno ‘Il Pnrr e il Mezzogiorno che verrà’ che si è aperto a Bari.
“Se non riparte il Mezzogiorno non riparte il Paese e il Pnrr rischia di rimanere una lista di desiderata. Viceversa, se il Pnrr non funziona chi ha più da perdere è proprio il Mezzogiorno. Abbiamo deciso di organizzare questo momento di confronto e riflessione, mettendo insieme il Pnrr con uno dei grandi temi ricorrenti della storia italiana, lo sviluppo del Mezzogiorno. Lo abbiamo fatto nella convinzione che i due temi si connettano strettamente, anzi, si debbano connettere strettamente, talmente strettamente che il successo del primo dipende dal secondo e viceversa”, spiega Sangalli dal palco.
“Dal 2007 ad oggi sono scomparse dal Sud 800mila persone; anche il Nord presenta oggi qualche problema, molto meno accentuato, sul piano dei flussi interni”. A sottolinearlo è Mariano Bella, direttore ufficio studi Confcommercio. “Fino agli anni ‘90 l’emigrazione da Sud a Nord allargava la base produttiva delle Regioni italiane più ricche e produttive, oggi dal Nord stesso si emigra verso altri Paesi” precisa il direttore.
Al Sud il Pil crescerà del 2,8% nel 2022, di più rispetto alla media italiana del 2,5%. A prevederlo è una analisi dell’Ufficio studi Confcommercio illustrata dal direttore Mariano Bella. Si stratta di una crescita eguale all’area del Nord est e che supera quella delle altre aree. “Per l’anno in corso prevediamo un moderato scarto positivo nella crescita del Pil meridionale rispetto al resto del Paese, ma non è certo con una manciata di decimali, per di più confinata a un singolo anno, che i divari tenderanno a chiudersi” osserva tuttavia nello studio. “Il Sud potrà recuperare un bel pezzo del terreno perso grazie al Pnrr e il Pnrr potrà restituire all’Italia smalto economico e sociale attraverso la crescita del prodotto potenziale, se e solo se il Sud tornerà a funzionare a pieni giri. Le due cose sono inscindibili”.
Quanto alla crescita del Pil nel periodo 1996-2019 delle macro-ripartizioni Nord e Sud, lo scarto è di quasi 17 punti percentuali. Uno scarto dovuto sostanzialmente a tre fattori: “produttività del lavoro (che varia di quasi il 10% al Nord contro il 6,2% nel Mezzogiorno), il tasso di occupazione (+0,3% al Nord e -0,8% al Sud) e, infine, la stessa popolazione” si spiega nell’analisi. E la maggior parte dell’accumulato ritardo del nostro Sud è proprio la questione demografica: il Nord cresce del 9,3% come abitanti, quelli del Sud scendono del 2%”.
“E’ dunque evidente che gli aspetti più problematici – viene sintetizzato – riguardano il tasso di occupazione e, quantitativamente, la questione demografica: o si aggiustano questi trend demografici o qualsiasi intervento risulterà inefficace”.