Tre diversi mezzogiorni all’interno del mezzogiorno e in questa suddivisione la Sicilia occupa un posto tra le regioni più svantaggiate. È il quadro che emerge dal rapporto Ebert “Italia diseguale”, presentato oggi in un convegno della Cgil regionale. Un divario, quello testato, che non è solo il classico Nord/Sud, ma anche tra regioni meridionali e tra province, visto che il report scende a questo livello di analisi.
Ecco il link per il rapporto completo.
“Uno degli elementi di novità del report – ha detto Francesco Prota, docente universitario presentando lo studio – è che non ci siamo fermati ai divari economici, ma abbiamo analizzato anche la qualità della vita delle aree osservate, i servizi in genere, la sanità i livelli di istruzione e di occupazione, insomma i diritti di cittadinanza”. Emerge, dunque, dal rapporto un quadro variegato e per la Sicilia si riscontra “un basso dinamismo, alti livelli di emigrazione e, se si esclude un tratto tra le province di Messina e di Catania, un’eccessiva dipendenza dell’economia da beni culturali e da turismo“.
Esaminando alcuni indicatori provinciali, si evince dallo studio che la provincia di Caltanissetta ha una percentuale di Neet, giovani che non lavorano, non studiano e non partecipano a alcun processo di formazione, pari a 48,2%, collocando questo elemento come una importante sfida strutturale da affrontare. Uno degli elementi critici riscontrati dell’economia è la debolezza dell’industria, “fondamentale – ha sottolineato Prota – perché se non c’è industria non ci sono servizi avanzati. Dall’industria passa anche l’occupazione qualificata”. “Sosteniamo da anni – ha rilevato Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia – che una Regione da 5 milioni di abitanti non possa fare a meno di un’industria sostenibile, è questo un obiettivo fondamentale cui puntare e su cui allocare investimenti. C’è da invertire un trend – ha aggiunto – che ha visto prima la pandemia e poi la guerra in Ucraina impattare pesantemente sulla fragile economia dell’Isola, a causa dell’aumento dei prezzi al consumo, della diminuzione delle esportazioni, dei costi energetici”.
Per il leader sindacale “occorre intervenire sulla infrastrutturazione sociale per recuperare occupazione giovanile e femminile, e sulle aree interne, punto di debolezza all’interno della fragile economia siciliana, con opportuni investimenti. Invece le strategie per le aree interne, se si esclude quella delle Madonie stentano a decollare”. Aree più povere, dunque, nell’ambito di una regione che “Eurostat indica come la regione più povera d’Europa”, ha detto Emiliano Abramo, presidente della Comunità Sant’ Egidio. “Lo studio presentato oggi ci mostra il dramma povertà che la Sicilia vive e che si connota anche come emergenza alimentare – ha sottolineato -. Abbiamo bisogno di gente che si occupi di poveri e non banche”. “Il rapporto della fondazione Ebert – ha rilevato Giuseppe Massafra, segretario confederale della Cgil nazionale – è per noi uno strumento di lavoro importante perché evidenza la complessità dei divari territoriali, che vanno affrontati con strumenti peculiari. Lo sviluppo passa dagli investimenti pubblici: le risorse ci sono, gli strumenti anche , il tema è come usare queste risorse”.
Per Massafra “la buona programmazione e la capacità di costruire le condizioni di sviluppo passano dal confronto serrato, che è mancato, dai tavoli col partenariato economico e sociale”. Questi investimenti, per la Cgil, devono servire a colmare i divari economici territoriali e, soprattutto, a ridurre le disuguaglianze sociali, che lo studio della fondazione Ebert rileva come profonde soprattutto in Sicilia e nelle regioni meridionali. Il sindaco di Troina, Fabio Venezia, ha rilevato “l’urgenza di intervenire con azioni forti e scelte oculate anche perché in prospettiva pure i cambiamenti climatici potranno avere ripercussioni sulla Sicilia“.