Il destino delle coste siciliane e calabresi rimane appeso alle «correnti di alta quota e a quell’insieme di fenomeni che potrebbero cambiarne la traiettoria prevista». Lo dice a Repubblica Antonello Pasini, fisico del clima del Cnr, precisando però che si tratta di «una possibilità remota. L’allerta è massima e i siciliani devono mettersi al riparo». «Fino a pochi giorni fa quella che ha colpito Catania e la Sicilia era una forte depressione stazionaria – spiega – ma non un ciclone tropicale. Tra giovedì (oggi, ndr) e venerdì si formerà però probabilmente un medicane, ovvero un ciclone tropicale, a sudest della Sicilia. Purtroppo i modelli ci indicano che questo fenomeno rispetto a dove è ora – per via di venti e correnti – si sta dirigendo verso nordovest e puntando verso Sicilia e Calabria. Questi cicloni hanno un cuore caldo e portano raffiche fortissime, nubi cariche di pioggia che si espandono anche a centinaia di chilometri di distanza e venti oltre i 100-120 chilometri orari: domani per la costa sudest della Sicilia sarà una giornata campale, con alluvioni molto pesanti, e si potrebbero creare onde anche di 4 o 5 metri».
I “medicane”, chiarisce il fisico del clima, «Sono simili a uragani tropicali, ma non sono la stessa cosa, perché nel Mediterraneo non hanno abbastanza calore dal basso, dal mare, e abbastanza spazio per svilupparsi, a differenza di quelli dell’Atlantico. Un uragano per essere definito medicane deve avere una struttura da ciclone tropicale, ovvero un occhio ben definito, una bassa pressione molto profonda e un nucleo centrale caldo. Se ne verificano 1,5 in media ogni anno, ma l’intensità con cui colpiscono cresce. Abbiamo avuto recenti esempi in Grecia dove hanno portato morte e distruzione. Di sicuro, anche per quest’ ultimo, vale l’equazione dei disastri: il fattore del cambiamento climatico e quello della vulnerabilità del territorio, insieme al fatto che noi cittadini ci esponiamo mettendo infrastrutture beni e persone dove non dovremmo metterli, purtroppo portano a risultati finali pesanti».
«La traiettoria degli uragani atlantici, anche grazie a venti forti, si calcola bene. Purtroppo non è così nel Mediterraneo – aggiunge Pasini – dove ci sono venti più deboli, la loro traiettoria è più difficile da calcolare. Fino a ieri i modelli non erano concordi. Dipenderà dai venti di alta quota. Attendiamo i prossimi dati, per ora direi sul sud est Sicilia. Quando avviene il landfall il ciclone deve scaricare l’energia. Sulla terraferma non è più nutrito dall’energia del mare caldo e piano piano si smoscia, ma prima deve scaricare tutta quella accumulata. Questo significa che rimarrà sulla Sicilia una giornata, se non 36 ore, a scaricare, probabilmente con molta violenza. Poi si spegnerà pian piano. Un intero processo molto pericoloso: ai miei amici siciliani ho ribadito di chiudersi in casa. Ci sono città come Messina che ha torrenti tombati, allo stesso modo di Genova: con un ciclone così ci sono rischi davvero altissimi».