lunedì 20 Marzo 2023
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I neolaureati i più colpiti dalla crisi: -3,9% occupazione per fascia 15-24

Ferri (JobPricing): "le università private e i politecnici i migliori in termini di prospettiva di carriera e guadagno". Il Politecnico di Bari e la Parthenope di Napoli in fondo alla classifica per possibilità ruoli di vertice


Nel contesto della crisi pandemica, sono stati i giovanissimi laureati a pagare il prezzo più alto della crisi sanitaria: l’occupazione della fascia di età 15-24, nell’ultimo anno, è diminuita del 3,9% a fronte di un aumento della disoccupazione giovanile di 6,3 punti percentuali. La pandemia da Covid-19, congelando il mercato del lavoro, ha di fatto impedito ai neolaureati di accedere al mercato del lavoro. Emerge dall’University report dell’Osservatorio JobPricing, quest’anno in collaborazione con Spring professional.

Durante la crisi pandemica, l’occupazione dei laureati è stata quella che meglio ha retto al ‘congelamento’ del mercato del lavoro: tra il 2019 e il 2020 la variazione registrata per gli inattivi laureati risulta essere la più bassa tra tutti i livelli (1,8 contro 2,7 dei diplomati; 4,4 per licenza di scuola media e 9,3 per licenza elementare o nessun titolo).

Dalla crisi del 2008 ad oggi il tasso di disoccupazione dei laureati è l’unico ad essere rientrato ai livelli pre-crisi. Malgrado l’aumento generalizzato della disoccupazione l’aumento per i più istruiti è stato più contenuto, tanto da essere l’unica classe ad essere rientrata nei livelli del 2009 (11,3 nel 2020; 11,6 nel 2009).

Il Politecnico di Bari e la Parthenope di Napoli in fondo alla classifica per possibilità ruoli di vertice

Tra le università che prospettano le migliori e le peggiori possibilità di ricoprire ruoli apicali, in cima alla classifica l’Università Commerciale Luigi Bocconi con il 16% dei laureati che diventa dirigente e il 27,6% quadro, Luiss Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli con il 10,7% dirigente e il 24,3% quadro e il Politecnico di Milano con il 9,8% dirigente e il 21,5% quadro. In fondo alla classifica troviamo il Politecnico di Bari con il 3,4% dirigente e 20,4% quadro, l’Università degli Studi di Napoli Parthenope con il 3,4% dirigente e 16,3% quadro e Università degli Studi di Milano Bicocca 2,3% dirigente e 13,5% quadro.

L’investimento nell’istruzione terziaria è elevato ma richiede tempo: il pareggio dei costi sostenuti una volta che si entra nel mondo del lavoro e si comincia a guadagnare si raggiunge in media in 16,8 in sede e 20 anni fuori sede.

Laureati di Parthenope, Università di Messina e di Cagliari ripagano più lentamente investimenti per studi

Le università con cui si ripagano più velocemente gli investimenti sostenuti durante il percorso di studi (numero anni per studenti in sede e fuori sede). In cima alla classifica troviamo il Politecnico di Milano (13,6 anni in sede; 16,7 fuori sede), l’Università Commerciale Luigi Bocconi (13,9 anni in sede; 16,5 furi sede), il Politecnico di Torino (14.2 anni in sede; 16,5 anni fuori sede).

In fondo alla classifica troviamo l’Università degli Studi di Napoli Parthenope (18 anni in sede; 20,9 anni fori sede), l’Università degli Studi di Messina (19,1 anni in sede; 21,1 anni fuori sede) e l’Università degli Studi di Cagliari (19,7 anni in sede; 22 anni fuori sede).

Per Federico Ferri, senior partner JobPricing, “Nonostante i problemi, che lo studio sia un’opportunità anche in Italia continuano a dimostrarlo i dati sulle retribuzioni del settore privato, che registrano una differenza del 46% tra lo stipendio medio di un non laureato e di un laureato. Se è vero che le competenze disallineate dei giovani laureati vengono scontate nei primi anni di lavoro (fino ai 24 anni il differenziale salariale tra laureati e non laureati è solo del 10%), i salari crescono tanto nel tempo e, in generale, più si è istruiti, più si ha l’opportunità di accedere a percorsi di carriera migliori e più remunerativi.

Ferri (JobPricing): le private e i politecnici i migliori per prospettive di carriera e guadagno

“Ancora una volta – avverte – le università private e i politecnici si dimostrano le migliori scelte in termini di prospettiva di carriera e guadagno, con un differenziale del 12% rispetto alle università pubbliche, così come risulta meglio laurearsi nelle discipline STEM. Ciononostante, i giovani che escono dalla scuola secondaria superiore sembrano percepire in modo ancora limitato le maggiori opportunità insite nei percorsi di studio tecnico scientifici”.

L’investimento in competenze – rimarca – sembra anche essere un paracadute per le crisi: analizzando le serie storiche i laureati magistrali sembrano gli unici ad aver recuperato i livelli pre-2008 in termini di tasso di disoccupazione. Non solo, i giovani laureati mostrano tassi di disoccupazione più contenuti rispetto alle altre categorie, il loro tasso di occupazione è più elevato, e il tasso di disoccupazione e inattività sono cresciuti meno nel corso della pandemia. Ma il buon rendimento dell’investire in competenze non deve fare perdere di vista i problemi legati al mismatch di competenze, sempre in crescita negli ultimi anni, e alla ‘fuga di cervelli’ che abbiamo documentato in questi anni. Questi bisogna risolverli al più presto per mantenere competitività a livello di sistema”.

il 24,6% occupati svolge un mestiere inferiore rispetto al titolo di studio

Il 24,6% sul totale degli occupati è costretta a rivedere al ribasso le proprie aspettative e ad adattarsi a svolgere un mestiere per cui è richiesto un titolo di studio inferiore a quello di cui è in possesso. .

Secondo il Rapporto Almalaurea 2020 sulla condizione degli occupati, questo fenomeno è in crescita: tra il 2008 e il 2018 è cresciuto del 5,7%. Il 33,5% degli occupati in possesso di un titolo di studio terziario svolge un lavoro per il quale basterebbe un titolo di studio inferiore e circa il 15% dei laureati giudica il titolo di studio poco o per nulla efficace a 5 anni dal conseguimento.

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