Una crisi pesante ma soprattutto asimmetrica come mai prima: l’emergenza sanitaria ha avuto, infatti, conseguenze fortemente diversificate, colpendo in misura particolare i settori più interessati dai lockdown ed esposti alle misure di contenimento come, ad esempio, la ristorazione, il turismo, gli alberghi, i trasporti, l’ingrosso e il dettaglio non alimentare e il sistema moda. Mentre ha inciso in misura meno significativa su altri comparti o addirittura stimolandone positivamente alcuni, come la filiera farmaceutica, il commercio online e l’industria agroalimentare. Così il Rapporto Regionale Pmi 2021, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, che ha analizzato le performance economico-finanziarie delle circa 160 mila società di capitale italiane che, impiegando tra 10 e 249 addetti e con un giro d’affari compreso tra 2 e 50 milioni di euro, rientrano nella definizione europea di Pmi.
i numeri delle pmi in tempo di pandemia
In base alle stime, un numero molto consistente di Pmi (28 mila, pari al 17,9%) ha subito nel 2020 un calo dei ricavi superiore al 20% (il 17,7% considerando la distribuzione del fatturato). Un terzo delle società analizzate (53 mila) ha fatto registrare un calo dei ricavi più basso, ma comunque significativo (tra -10% e -20%). Circa 63 mila piccole e medie imprese invece hanno contratto le vendite con tassi a una cifra e solo per le restanti 14 mila società (9%) si stima un fatturato in crescita o sui livelli del 2019. In media, il fatturato complessivo è atteso in calo del 10,6% tra 2019 e 2020. È il Centro l’area geografica con la quota maggiore di imprese operanti nei settori più colpiti dal Covid ,23,1% in termini di numerosità e il 24,0% in termini di fatturato complessivamente in calo dell’11,6%. Anche il Mezzogiorno registra un numero di imprese nei settori di crisi del 18,7% in termini di numeri e del 19,5% in termini di fatturato che però fa registrare anche le percentuali più alte di imprese stabili o in crescita (14,8% in termini di fatturato) oppure con un calo contenuto (37,6%). In ogni caso, anche Nord-Est e Nord-Ovest presentano incidenze molto elevate nei settori colpiti dalla crisi pandemica, con una contrazione delle vendite inferiore al 20%.
le imprese con più alta possibilità di fallimento
In particolare, annota ancora il Rapporto, la presenza di Pmi con un concreto rischio di default nei prossimi dodici mesi supera i due terzi tra le società che organizzano fiere e convegni, con percentuali ovunque superiori al 65%, mentre il 40% dei ristoranti è ad alta probabilità di fallimento (17,3% prima del Covid) ma, in questo caso, con ampi divari tra quelli del Nord-Est e quelli del Mezzogiorno (il 50,9%). Risultano a rischio un terzo degli alberghi, anche in questo caso con evidenti gap tra il Nord-Est (20,7%) e le altre aree, con valori massimi al 46,6% nel Mezzogiorno.
Per questo Il Pnrr rappresenta, si legge ancora, “una grande opportunità di rilancio per il sistema delle imprese, che per essere colta necessita anche del completamento dei disegni di riforma e di un maggiore impulso sul fronte della partnership tra pubblico e privato”. Da non perdere, inoltre, prosegue il Rapporto, l’aggancio con l’avvio del nuovo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali europei: per l’Italia si tratta di circa 83 miliardi di euro, che si sommano ai 28,7 ancora da spendere della programmazione 2014-2020. La sfida dunque, “sarà quella di saper utilizzare queste risorse, insieme a quelle del Fsc, in maniera coordinata e complementare a quelle stanziate per il Pnrr mantenendo allo stesso tempo la loro caratteristica di addizionalità”.
perché bisogna abbandonare le misure emergenziali
Ora dunque, conclude il rapporto, serve abbandonare le misure “emergenziali” di breve periodo che hanno provocato “un incremento dell’esposizione debitoria e una conseguente riduzione della capacità di investimento delle pmi” e puntare su misure che “affianchino quelle a sostegno della liquidità al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese e il riequilibrio della loro struttura finanziaria”. In sintesi, si legge in conclusione, ” andrebbero impostate azioni e strumenti per aiutare le Pmi ad intraprendere un sentiero di innovazione e di crescita. Gli spazi e le risorse finanziarie per sostenere una policy dedicata alla ripresa e alla resilienza sono ampiamente reperibili anche oltre il Pnrr, in particolare nella politica di coesione, europea e nazionale, da avviare proprio nel corso del 2021″.