Innovazione: l’agenda digitale deve essere al primo posto della ripartenza. Dietro di noi solo Romania, Grecia e Bulgaria. Lombardia e Lazio le regioni più digitali, ultima in classifica la Calabria
Impossibile parlare di ripartenza senza l’innovazione, senza un’adeguata agenda digitale: un tema essenziaqle, trattato molto durante #UNLOCK_IT, soprattutto durante la sessione dedicata al capitale umano. Ora, a pochi giorni di distanza, arrivano dati che confermano quanto è stato detto durante la tre giorni di SUDeFUTURI II.
La ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano è stata presentata da Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation.
“La PA è chiamata a essere uno degli attori chiave nel rilancio del Paese, non limitandosi a ridistribuire in modo assistenziale le risorse a disposizione, ma giocando un ruolo da ‘regista’ della trasformazione digitale. […] La PA deve innovare innanzitutto sé stessa ed essere in grado di coinvolgere cittadini e imprese, dotandosi di regole chiare per favorire l’innovazione, sostenendo la crescita del mercato di soluzioni digitali, sviluppando progetti per il bene comune su cui allocare correttamente le risorse, in costante interazione con il mercato e nel rispetto dei relativi ruoli”.
a che punto sta l’Italia
L’Italia si è dotata di strategie coerenti per la trasformazione digitale e il Covid19 ha intensificato gli interventi per recuperare i gap storici.
50 milioni di italiani presenti in ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente, registro anagrafico centrale del Ministero dell’interno); 150 milioni di pagamenti gestiti tramite pagoPA; 170 milioni di fatture elettroniche alla Pubblica Amministrazione (PA); quasi 13 milioni di credenziali SPID e 18 milioni di CIE rilasciate; 8 milioni di download dell’App IO e 10 di Immuni. I numeri parlano chiaro: il Paese ha ormai posto solide basi per un proprio “sistema operativo” digitale.
Eppure siamo entrati nella crisi legata al Covid19 al quart’ultimo posto in Europa per livello di digitalizzazione (25°su 28). Con sensibili differenze tra Nord e Sud del Paese.
Lo conferma il DESI, Digital Economy and Society Index regionale elaborato dall’Osservatorio Agenda Digitale. Lombardia, Lazio e Provincia di Trento sono le regioni più “digitali”, in coda ci sono Sicilia, Molise e Calabria.
oltre 100 miliardi di euro per l’agenda digitale
Il digitale ha sostenuto l’Italia durante il lockdown ed è ormai considerato irrinunciabile per la ripresa. La PA è stata fondamentale nella gestione dell’emergenza. Avrà un ruolo cruciale nei prossimi mesi per l’attuazione dell’agenda digitale, prima di tutto per la gestione dell’ingente mole di risorse europee disponibili. Per i prossimi sette anni di programmazione europea l’Italia potrà contare su oltre 100 miliardi di euro per l’attuazione dell’agenda digitale. Cui si aggiungono più le risorse che riusciremo ad attrarre da fondi diretti di investimento. Nella programmazione 2014-2020, siamo stati il primo Paese per fondi strutturali disponibili per l’attuazione dell’agenda digitale – 3,6 miliardi di euro – spendendone effettivamente solo il 34,5%. Senza una PA capace di innovare sé stessa, rischiamo di vanificare grandi opportunità per la ripresa.
Il DESI: dove intervenire
Nel ranking del Digital Economy and Society Index 2020, l’Italia è 25esima in Europa per livello di digitalizzazione.
I lievi progressi su alcune aree sono stati bilanciati dal peggioramento su altre. Abbiamo perso 2 posizioni rispetto al 2019. Siamo davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria, lontani da Paesi simili come Francia, Germania, Regno Unito e Spagna.
Il DESI regionale calcolato dall’Osservatorio consente di identificare con maggiore precisione le aree in cui intervenire per scalare la classifica europea e colmare i gap.
In base a questo indice, la regione più digitale d’Italia è la Lombardia, con un punteggio pari a 72 su 100. Seguono Lazio, Provincia di Trento, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Veneto, Provincia di Bolzano, Liguria, Umbria e Piemonte. Sotto la media nazionale si collocano invece Valle D’Aosta, Marche, Abruzzo Sardegna, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia, Molise. Ultima in classifica la Calabria, con un punteggio pari a 18,8.
banda larga fissa
L’Italia è tra gli ultimi Paesi in Europa per copertura di banda larga fissa. A metà 2019 il 78% delle abitazioni è stato raggiunto ad almeno 30 Mbps e il 61% a 100 Mbps. Siamo tuttavia il Paese con il miglior tasso di crescita nella copertura a 100 Mbps dal 2016. La sfida è arrivare al più presto alla copertura di tutto il territorio. Ma è necessario migliorarne anche l’utilizzo.
A metà 2019 solo il 31% delle abitazioni usava una connessione ad almeno 30 Mbps, percentuale che scende al 13% i 100 Mbps. Solo il 38% delle imprese naviga ad almeno 30 Mbps, di cui il 13% ad almeno 100 Mbps. Tra i comuni, la fibra ottica è diffusa solo nel 32% degli enti. Nel corso del 2019 e del 2020 si è assistito a un atto di moto importante. C’è tuttavia ancora un pezzo di strada importante da percorrere per recuperare i gap con la media europea.
La strategia digitale
Sulla governance della trasformazione digitale l’Italia si è dotata di strategie chiare, riviste periodicamente, coerenti tra loro e con diversi indicatori per misurarne l’implementazione. La strategia “Italia 2025” prevede 20 azioni che aiuteranno a migliorare il posizionamento dell’Italia sul DESI; complessivamente sono 80 i risultati da produrre, di cui 42 con scadenze precise. Redatta prima del Covid, la strategia deve essere però rivista.
Il Piano triennale per l’informatica 2020-2022 prevede 48 risultati da produrre. Per 31 di questi sono già stati individuati indicatori e target precisi per i prossimi anni. Oltre ai risultati da produrre, il Piano prevede 285 azioni, di cui 83 da realizzare entro fine 2020. La sfida ora è coinvolgere efficacemente i quasi 6.200 responsabili per la transizione al digitale delle varie PA centrali e locali, oltre a sviluppatori di servizi pubblici e designer.
La nuova Strategia per le competenze digitali si basa su quattro obiettivi strategici a cui corrispondono altrettanti assi di intervento, ognuno responsabilità di specifici attori. In attesa del relativo piano operativo, a cui l’Osservatorio ha dato importanti contributi, è cruciale continuare a investire con forza sulla strada intrapresa.
Le risorse economiche
Nel 2019 le PA locali (comuni e regioni) hanno speso 1,8 miliardi di euro in soluzioni digitali, +6% rispetto al 2018. La regione che spende di più per il digitale è la Lombardia, circa 243 milioni di euro l’anno nel triennio 2016-2018 (24,1 euro a cittadino). Analizzando però il valore pro capite, a primeggiare è la Valle d’Aosta, con 535 euro ad abitante, mentre in Campania vengono spesi solo 2,3 euro per cittadino.
Una buona parte delle risorse viene dall’Europa. Nella programmazione europea 2014-2020, l’Italia è il Paese che ha ricevuto i maggiori fondi strutturali per l’agenda digitale, 3,6 miliardi di euro, contro una media di 765 milioni, per i due obiettivi tematici inerenti all’attuazione dell’agenda digitale, l’OT2, “migliorare l’accesso alle tecnologie digitali” (2,4 miliardi) e l’OT11, per l’aumento della capacità amministrativa delle PA (1,2 miliardi). In linea con la media europea, però, il nostro Paese ha speso solo il 35% dei fondi OT2 ed OT11 stanziati a fine 2020. Il 57% delle risorse è gestito dalle regioni: solo Puglia (81%), Valle d’Aosta (68%) e Lazio (58%) ne hanno speso più del 50%, mentre quella che ha ottenuto (373 milioni) e speso (162) la maggior parte dei fondi è la Sicilia.
Nel nuovo ciclo di programmazione europea per il periodo 2021-2027 – 1.800 miliardi di euro, il maggiore pacchetto mai finanziato dall’UE – l’Italia potrà beneficiare di oltre 100 miliardi di euro già dal 2021: oltre 40 miliardi per le politiche di coesione e circa 65,5 miliardi a fondo perduto per il piano ripresa e resilienza, di cui il 70% per progetti da attuare nel 2021-2022. A queste si affiancheranno le risorse che riusciremo ad attrarre dai fondi diretti di investimento, come Horizon Europe.
Il mercato digitale della PA
Il mercato degli acquisti digitali della PA vale 5,8 miliardi di euro (appena l’8% del mercato digitale italiano) ed è concentrato nelle mani di pochi attori: solo il 15% dei fornitori di ICT lavora con la PA, mentre i primi 10 per fatturato coprono il 60% di quanto speso dalla PA in SPID, ANPR e pagoPA.
Mediamente, una gara pubblica in tecnologie digitali è assegnata 4,5 mesi dopo la scadenza per presentare le offerte. Solo il 49% delle gare è assegnato in meno di 100 giorni. Anche se i tempi stanno migliorando (da una media di 167 giorni nel 2012 a una di 80 nel 2019), appaiono ancora incompatibili con quelli dell’innovazione digitale. Consip gestisce per tutte la PA gare relative a soluzioni digitali. Quelle già attivate e utilizzabili hanno un valore complessivo di 5,5 miliardi di euro, il 72% già speso dalle PA. Nel 2020 sono state aggiudicate 55 gare di ICT, 22 bandite nell’anno in corso.
Il procurement pubblico
Nel 2019 la spesa per l’acquisto di beni e servizi sopra soglia da parte delle PA è arrivata a 170 miliardi, il 9,5% del PIL italiano, un valore raddoppiato in 7 anni. E nel 2020, dei 180 miliardi di euro messi a disposizione dallo Stato tra decreto Cura Italia e decreto Rilancio, 26,4 miliardi sono stati gestiti attraverso gare pubbliche, con un ulteriore impulso al sistema di procurement.
La normativa sui contratti pubblici appare incompleta, instabile, frammentaria e incoerente. A oltre 4 anni dalla pubblicazione del Codice dei Contratti Pubblici sono stati adottati solo 24 dei 45 provvedimenti attuativi necessari a renderlo pienamente operativo. E le PA italiane faticano a collaborare con l’offerta, in particolare quella di soluzioni digitali. Dopo 4 anni dall’introduzione, le PA italiane hanno fatto modesto uso delle procedure competitive con negoziazione, dei dialoghi competitivi e dei partenariati per l’innovazione (introdotte per aumentare le collaborazioni con le imprese): appena 326, di cui solo 27 per l’attuazione dell’agenda digitale.
Gli enti locali
Solo il 36% dei comuni italiani ha nominato il proprio Responsabile per la Transizione al Digitale e, tra questi, meno di un terzo possiede competenze digitali specifiche. Il cloud è ormai una realtà consolidata tra i comuni: oltre il 50% ne faceva uso nel 2019, un altro 36% ne è a conoscenza e solo il 26% non conosce il piano Cloud della PA. Il 42% dei comuni non eroga servizi digitali mentre solo il 13% adotta il digitale in maniera pervasiva. I comuni più digitali sono quelli di maggiori dimensioni e al nord Italia.
Solo il 13% degli enti locali italiani adotta una gestione associata di soluzioni digitali, nelle diverse forme possibili. Tipicamente, si tratta di comuni di piccole o medie dimensioni (tra i 5.000 e i 20.000 abitanti) concentrati nel nord-est nel Paese, mentre questo modello di gestione è più raro al sud. La collaborazione tra enti porta migliori performance digitali per i comuni più piccoli e una minore spesa pro-capite in digitale.