venerdì 31 Marzo 2023
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OSSIGENO ILLEGALE: IL COVID E LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

Una sessione ricca di spunti e sollecitazioni quella che ha visto protagonisti Nicola Gratteri e Antonio Nicaso intervistati da Paola Bottero


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Quella “urgenza del fare” che permetta allo Stato di intervenire prima che i clan si insinuino nell’economia, la necessità di costruire una cultura antimafia, la miopia dell’Europa nel considerare la criminalità organizzata un problema solo italiano, la Calabria fra tare e potenzialità. È stato un panel ricco di spunti, sollecitazioni e anche richiami tanto alla politica come alla società civile quello che ha visto protagonisti il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, e lo scrittore e saggista Antonio Nicaso, in collegamento streaming con SUDeFUTURI#UNLOCK_IT, il II Annual Meeting della Fondazione Magna Grecia quest’anno organizzato al Palazzo dell’Informazione di AdnKronos in piazza Mastai a Roma.

Intervistati dalla giornalista, scrittrice e strategist Paola Bottero, Gratteri e Nicaso hanno spiegato in dettaglio come e perché la crisi pandemica e quella economica e sociale che ne consegue, rischino di essere occasione di crescita, sviluppo e affermazione per le mafie. Temi affrontati anche nel loro ultimo saggio, “Ossigeno illegale. Come le mafie approfitteranno dell’emergenza Covid-19 per radicarsi nel territorio italiano”, per Bottero “un libro da leggere con la stessa rabbia con cui è stato scritto”, di recente arrivato in libreria.

Paola Bottero e Nino Foti in studio

LE MAFIE AVANZANO MENTRE LO STATO PERDE TEMPO

“Noi abbiamo cercato di spiegare e approfondire la difficoltà di questo momento, chiarire come sia importante comunicare in tempo reale quanto sta avvenendo, in modo tale che si sia consequenziali, perché il rischio che corriamo è alto. Abbiamo migliaia di persone che stavano lavorando in nero e che non lavorano più, migliaia di imprenditori a un passo dalla chiusura e che rischiano di finire nelle mani degli usurai. Mentre si moltiplicano le tavole rotonde, le commissioni e le sottocommissioni, le mafie avanzano. Lo fanno perché non hanno la farraginosità della Pubblica amministrazione, non hanno problemi di comunicazione, nel loro mondo sono efficaci ed arrivano, purtroppo per noi, prima dello Stato. Per noi è fondamentale spiegare attraverso i mezzi di comunicazione che rivolgersi agli usurai, alle mafie, sperando magari di salvare l’azienda è devastante. Se succedesse questo, perderemmo decenni di lotta alla mafia, di educazione alla legalità. Se le mafie si mostreranno più pronte, se arriveranno prima dello Stato, grandi magistrati e uomini delle forze dell’ordine morti per l’idea di avere un’Italia più libera lo avranno fatto inutilmente”.

Antonio Nicaso in collegamento

E le criticità che le mafie potrebbero trasformare in opportunità ci sono, avverte Nicaso. “La storia insegna che i ritardi diventano cruciali non solo per chi fa fatica a riprendersi ma anche per chi sulle sofferenze altrui ha speculato e continua a speculare. Questo ce lo dice la storia, è successo con il colera a Palermo e a Napoli, i vari terremoti, la crisi finanziaria del 2008. Le mafie godono di consenso sociale, cercano legittimazione sul territorio. Se arrivano prima dello Stato con il welfare alternativo riescono in qualche modo ad aumentare la loro autorità sul territorio. E attualmente ci sono criticità importanti”.

oltre 40mila aziende nell’ultimo periodo hanno cambiato proprietà

Nicaso snocciola dati: “oltre 40mila aziende nell’ultimo periodo hanno cambiato proprietà. Un nuovo rapporto del Cerved dice che il settore della ristorazione è quello che paga il dazio più pesante in questa fase e parla di un possibile crack da 37miliardi di euro. In Calabria il 40% dei ristoratori sarebbe a rischio”. Per il saggista e scrittore “Questo aumenta la capacità della mafia e della ‘ndrangheta di acquistare tutto ciò che è in vendita. Ecco perché al welfare alternativo si unisce la capacità di dopare le economie”. Ma il problema vero – sottolinea –  è che sembra quasi che ci si sia rassegnati a convivere con le mafie, perché quei capitali servono. “Non abbiamo perso la speranza di combattere e abbattere questo fenomeno – chiarisce subito – ma è impossibile pensare ad un’organizzazione criminale che è riuscita a passare indenne attraverso tutte le fasi della storia di un Paese. Le mafie sono nate come fenomeno di controllo sociale nella prima metà dell’Ottocento, sono riuscite ad adattarsi allo Stato liberale, al regime fascista, alla Prima e alla Seconda Repubblica, al mondo delle tecnologie e della globalizzazione. Quindi è chiaro che hanno goduto di una sorta di legittimazione sociale, culturale e politica. Le mafie servono, il denaro delle mafie sta diventando ossigeno dell’economia legale e quindi viene agevolato il compito dei mafiosi che è reinvestire i proventi delle attività illecite. Nessuno rifiuta i soldi dei mafiosi, ci sono cricche che vivono grazie a queste relazioni che riescono a sviluppare”. Temi delicati e che diventa complicato affrontare se “ci sono giornali in Italia che prendono spunto da quello che scriviamo solo per ridicolizzarlo. Ad esempio noi avevamo ipotizzato che le mafie mettessero le mani sui vaccini e siamo stati ridicolizzati, ma il 2 dicembre l’Interpol ha lanciato l’allarme su questo specifico aspetto, proprio ieri c’è stato un attacco hacker alle case farmaceutiche e pare ci siano già avvisaglie di vaccini modificati che stanno per essere messi sul mercato”. È uno dei dati che per Nicaso fa comprendere come “il problema della lotta alla criminalità organizzata non sia preso seriamente, non sia mai entrato nell’agenda culturale. In Europa poi il problema non crea allarme sociale, si pensa che sia esclusivamente italiano. È un dramma perché le mafie si sono globalizzate, il contrasto no”.

l’ingordigia dei mafiosi non si ferma di fronte a niente

Nicola Gratteri in collegamento

È uno dei motivi per cui, a prescindere dal lockdown – spiega Gratteri – è necessario continuare a costruire una cultura dell’antimafia. Anche con i strumenti e occasioni di incontro virtuali che la pandemia rende obbligatori. “Questo mezzo è necessario, è indispensabile però è freddo. Quando andavamo in giro – e speriamo di tornare a farlo – troviamo tanto calore, tanto affetto e questo aiuta anche ad andare avanti. È fondamentale parlare alla gente, il senso dei nostri libri è quello di provocare discussione, provocare dibattito”. Ma è fondamentale, aggiunge, soprattutto per spiegare la vera natura della ‘Ndrangheta, il suo reale volto e il suo potere, in primo luogo economico, che la pandemia non ha scalfito perché “i traffici di cocaina sono continuati. Gli ‘ndranghetisti ricchi, lo sono diventati ancora di più. Ma l’ingordigia anche dei mafiosi ricchi, delle famiglie blasonate di ‘Ndrangheta, li ha portati a cercare di mettere le mani anche sui sussidi. Proprio conoscendo la loro ingordigia, sapendo che non si accontentano neanche dell’acqua del mare, noi avevamo proposto di monitorare gli elenchi dei beneficiari, che i sindaci li mandassero alle Prefetture perché verificassero se davvero in possesso dei requisiti. Siamo stati attaccati, ci è stato detto che volevamo criminalizzare la Calabria e i sindaci, che puntavamo ad uno Stato di polizia”. Il risultato – spiega Gratteri – lo mostrano tre indagini diverse che raccontano di “mafiosi importanti, ndrangheta di serie A, indagati per aver chiesto e percepito questi aiuti dello Stato senza averne bisogno e senza averne i requisiti”.

la pandemia non ha fermato il traffico di droga

In più, chiarisce Nicaso, la pandemia non ha certo fermato gli affari illegali della ‘Ndrangheta, a partire dal traffico di droga, un business da 450 miliardi l’anno. “Sono cambiate le strategie, a dimostrazione di una regia quasi unica che ha portato a diversificare continuamente le rotte, e abbiamo visto un altro aspetto importante, cioè che molti broker, molti ‘ndranghetisti avevano scorte importanti di cocaina per sopperire alle emergenze. Non si spiega in altro modo il sequestro di oltre 500 chili di cocaina nei pressi di Gioia Tauro di proprietà del figlio di un ergastolano, sorpreso mentre li sotterrava. Sono cambiati anche i passaggi tra i Paesi di produzione e quelli di spedizione, sono state cambiate le rotte e non si è fermato l’accumulo di capitali, che oggi sono la mina vagante per il sistema economico in cui possono entrare con una facilità impressionante perché c’è una richiesta”.

le imprese nella rete delle “garanzie” mafiose

Ne risulta un quadro sconfortante e pericoloso perché “se mettiamo insieme l’accumulo di capitale grazie al traffico di droga e altre attività illecite e la facilità con cui quel denaro entra nell’economia legale, vediamo come queste organizzazioni si mostrino molto più snelle, duttili e capaci di muoversi con flessibilità sui grandi territori perché non c’è mancanza di domanda di droga nei momenti di crisi e continua ad esserci richiesta di denaro. I soldi che riescono a far girare le mafie non vengono respinti, ma vengono sollecitati”. In più “sta emergendo quello che già una decina di anni fa era stato sottolineato dalla Guardia di Finanza. È l’aspetto delle garanzie mafiose e non va sottovalutato. Se un imprenditore oggi è in difficoltà, visto che purtroppo le banche continuano a fare le banche e non riescono ad allentare i cordoni, può trovare broker e prestanome che si presentino con lui e diano garanzie per lui, in cambio di parte dell’azienda. Significa dare valore di mercato alle garanzie mafiose. Un’altra cosa che sta succedendo è rilevare delle aziende, lasciando formalmente alla guida il titolare, che diventa un salariato. Sono strategie che le mafie stanno cercando di sviluppare dappertutto grazie anche alla capacità economica di cui dispongono. E la situazione che abbiamo di fronte è preoccupante. Per questo i ritardi di una politica sciatta e scellerata, che non decide, finiscono per avvantaggiare il dinamismo delle mafie. Bisogna cercare di capire che bisogna intervenire subito, bisogna scoprire l’urgenza del fare”.

la sanità in calabria “cuore” delle indigini della Procura

Circostanze che pesano ancor di più in territori come la Calabria, che – spiega Gratteri – “è arretrata per una serie di concause. Il periodo più buio è la stagione dei sequestri di persona, dal ’75 all’89, perché un’intera classe dirigente è stata spazzata via. Tutti i figli dei sequestrati o dei sequestrandi si sono trasferiti da Roma in su e non sono più tornati. Questo ha creato un avanzamento degli ‘ndranghetisti, che all’epoca erano ancora pastori, muratori, gente rozza, ma spregiudicata e intelligente. Già c’era la Santa, che tramite la massoneria deviata ha permesso loro di avere contatto con la classe dirigente, con la Cosa pubblica, le istituzioni. La parte buona della classe dirigente è scappata ed è rimasta quella che già era in contatto con le organizzazioni criminali. Poi c’è stata la colpa di magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, scrittori, storici, uomini di cultura, perché non abbiamo capito quanto stesse correndo la ‘Ndrangheta”. E sulla sanità, i riflessi sono drammatici – suggerisce Bottero – tuttavia in dettaglio Gratteri non può rispondere perché “è il cuore di un’indagine. In questo periodo molti hanno portato denunce in procura e alcuni lo hanno fatto anche per farsi pubblicità. Ma è difficile che oggi qualcuno alzi la manina e possa dire “io non c’entro” con quello che è successo dal ‘75 ad oggi. Spesso ci sono stesse persone, stesse famiglie, stesse dinastie, stessi cognomi e molti farebbero bene ad avere un po’ di pudore”.  

Paola Bottero durante l’intervista

la calabria deve uscire dalla psicologia degli assediati

Nicaso può andare oltre e ci tiene a puntualizzare che “in Calabria dobbiamo uscire dalla psicologia degli assediati, si parte sempre da quello che non siamo. Dobbiamo iniziare a dire quello che siamo e affermare l’idea di poter costruire una realtà diversa, dove non sia sempre la magistratura a dover intervenire e accertare reati. Dovrebbe essere la società civile, la politica a fare selezione”. Tanto a lui, come a Gratteri da più parti è stata proposta una candidatura alla presidenza della Regione Calabria ed entrambi hanno rispedito garbatamente la proposta al mittente. Per ragioni familiari e logistiche, spiega Nicaso, ma soprattutto perché “ognuno deve fare quello che sa fare e non essere presuntuoso. Io posso contribuire con idee, ma fare il governatore significa fare una scelta di campo, significa interpretare la politica come servizio, perché la Calabria ha tutto per decollare ma dobbiamo smetterla di prendercela sempre con gli altri. Se abbiamo selezionato una classe politica sciatta è perché l’abbiamo votata. Capisco che spesso il voto è condizionato – perché chi chiede si vincola e questo è anche il motivo per cui una vera antimafia non si può limitare a sentenze e manette ma significa attenzione ai problemi della gente – ma dobbiamo prendere consapevolezza delle nostre responsabilità e mettere fine a questa politica del compromesso. Chi va al potere deve ragionare in termini di prospettiva, deve cercare di creare le condizioni per far vivere meglio tutti, non per compiacere il singolo elettore. Quando intervengono i magistrati è troppo tardi, dovrebbe essere la politica, la società civile a selezionare la classe politica. Dovremmo riprenderci la Calabria in tutti i sensi, spazzando via questi parassiti criminali che opprimono la gente che ha voglia di crescere. Dovremmo fare fronte, fare sistema, invece in Calabria ci sono intellettuali che vanno a parlare di processi senza capire che spesso la revoca della custodia cautelare non significa che non ci sia il reato contestato. Si sentono tante sciocchezze invece di fare sistema per combattere i veri nemici della Calabria, che sono le cricche di chi non ha a cuore i problemi della Calabria e di una mafia che è opprimente e costituisce una zavorra alle aspirazioni di sviluppo di una terra bella e maledetta”.

«i politici? non vengono da marte, c’è un forte abbassamento dell’etica»

All’ennesima proposta di candidatura o impegno, Gratteri continua a confermare di essere “il felice procuratore di Catanzaro”. Mentre è duro sull’intera classe politica che “è il prodotto di questa società, i politici non vengono da Marte, come i magistrati o i giornalisti. C’è un forte abbassamento della morale e dell’etica negli ultimi decenni e questo ha investito anche la politica. Se facesse bene il suo lavoro, se contribuisse a cambiare davvero il Paese, non mi scandalizzerei se un politico prendesse 12mila euro al mese, anche 15. Se facesse bene il suo mestiere risparmieremmo comunque. Il problema non è il costo della politica ma la qualità della politica”

dubbi e paure su come usciremo dalla pandemia

Più ottimista Nicaso, più scettico Gratteri, entrambi hanno ragionato su quale sarà l’Italia del dopo pandemia. “Ne usciremo certamente – sottolinea Nicaso –  L’augurio è che si possa uscire come dalla peste del ‘200, che ha dato vita a una delle pagine più belle della cultura, della civiltà e dell’arte. Spero che questo sia un momento di riflessione, un momento per capire quanto sia necessario fare per rilanciare il Paese, unire le due Italie, per riscoprire l’urgenza del fare, l’etica della narrazione. Io non credo nell’esegesi dell’indifferenza. Bisogna valutare con attenzione quello che andremo a fare perché l’obiettivo non deve essere quello del tornaconto personale, ma quello di rilanciare un Paese meraviglioso per sperare in un futuro diverso”. Per Gratteri invece, “ne usciremo con molte macerie e ci vorranno sette, otto anni per tornare al livello di benessere che c’era prima della pandemia. Se non si è attrezzati sul piano culturale e della formazione, un post 1200 come auspicava Nicaso non ci sarà”.

Un commento finale tocca al presidente della Fondazione Magna Grecia, Nino Foti. “La passione di Antonio e di Nicola Gratteri nello spiegare cosa significhi identità, orgoglio delle proprie radici, cosa sia essere buoni cittadini sono già una risposta. Soprattutto in un momento come questo. Il politico dovrebbe essere migliore del migliore dei cittadini, ma spesso la gente tifa per il più cattivo, per chi non ha cura del bene collettivo. In Calabria chi fa politica spesso lo fa per avere una mensilità, non per dare il proprio contributo. L’auspicio è che anche la nostra attività serva perché la gente possa essere migliore e il ruolo che possa svolgere nella società”.

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