Il virologo di fama mondiale ha ricevuto il riconoscimento in modo virtuale dal presidente Nino Foti. «Credo che l’obbligatorietà del vaccino sia necessaria»
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Le preoccupazioni sulla possibile breve durata del vaccino per il Covid19, l’annuncio di una cura efficace in arrivo, le sfide che ancora pone la lotta all’Aids, la necessità di depoliticizzare la ricerca. Questi sono solo alcuni dei temi toccati nel corso dell’intervista al celebre virologo e biologo Robert Gallo, noto in tutto il mondo per aver scoperto il virus dell’Hiv e aver messo a punto il test per individuarlo, collegato in diretta dagli Stati Uniti con SUDeFUTURI #UNLOCK_IT, il II Annual meeting di Fondazione Magna Grecia, che si tiene da oggi all’11 dicembre in diretta streaming dal Palazzo dell’Informazione di AdnKronos, in piazza Mastai a Roma.
Vincitore del premio Magna Grecia 2020, prima del conferimento del premio – virtualmente consegnato al celebre virologo dal presidente della FMG, Nino Foti – Gallo ha colloquiato per circa mezz’ora con il giornalista Francesco Maggi, facendo il punto sull’attuale pandemia e le sfide per la ricerca. “Credo che l’obbligatorietà del vaccino sia necessaria e immagino che la cosa possa succedere in vari Paesi, ma non negli Stati Uniti dove è difficile imporre qualcosa. A meno che la minaccia non diventi tanto grande da renderlo necessario” ha spiegato.
«Preoccupato dalla durata della copertura immunitaria»
Robert Gallo in collegamento
Sulla fine della pandemia non si sbilancia, “è possibile –dice – che per il 2021 termini, ma non ci sono indicatori scientifici che permettano di fare certe previsioni. Credo che anche l’anno prossimo ci saranno zone del mondo con contagi rilevanti, quindi se dovessi azzardare una risposta, dire di no”. Sul fronte della lotta al coronavirus, “non credo che il vaccino contro il Covid sia un risultato sorprendente, la velocità con cui ci si è arrivati sì” sottolinea Gallo che invece si mostra sorpreso e sinceramente ammirato per la velocità con cui è stata individuata una cura, fondamentale – spiega l’immunità garantita dal vaccino non dovesse essere di lungo periodo. “Diversi studi dicono che ci si potrebbe infettare di nuovo, quindi più che le mutazioni del virus, mi preoccupa la durata della copertura immunitaria. Gli anticorpi alle proteine spike non sono di lunga durata, quindi potrebbe essere che il vaccino duri sei-sette mesi. Non lo posso dare per certo ma la cosa mi preoccupa”.
Sarà filone che bisognerà continuare ad esplorare. Allo stesso modo ancora aperta spiega è la sfida per individuare un vaccino per l’Hiv. “È una sfida molto difficile” anche per le particolari caratteristiche di infezione da retrovirus. “Non abbiamo mai avuto risultati efficaci sui vaccini anche sugli animali, non abbiamo ancora conoscenze sufficienti. La mia prima pubblicazione è del 1984, sono passati 36 anni. È una spina nel fianco” confessa Gallo, che però ha chiara la strada che potrebbe permettere alla ricerca scientifica internazionale di fare significativi passi avanti e che l’epidemia di coronavirus che ha colpito il mondo ha mostrato come necessaria.
«Pandemia per me significa “tutto” e quindi tutti devono collaborare»
“Pandemia per me significa “tutto”. Cioè che colpisce tutti e tutte le nazioni devono collaborare. Personalmente farei mai affidamento su un governo per la ricerca scientifica, sicuramente serve per i fondi o per monitorare le condizioni di sicurezza, ma la ricerca deve essere autonoma – spiega – La lezione da apprendere è che abbiamo bisogno di un gruppo scientifico internazionale, nel 2019 noi abbiamo costituito il “Global virus network”, da cui nessun Paese è escluso, né la Russia, né la Cina. Ci sono esperti di ogni tipo di virus che collaborano attivamente”. Di certo, aggiunge, potrebbe aiutare anche per sviluppare la coscienza necessaria per evitare di ripetere i medesimi errori.

“Temo che non sia vero che questa pandemia non la dimenticheremo mai – commenta – Le esperienze passate lo insegnano, la memoria dura circa una generazione. Ci si adagia. Lo posso dire perché ho letto la storia e ho vissuto la storia del contrasto all’Hiv. Negli anni ’60, c’era molto rispetto per le malattie infettive. Poi negli anni ’70 hanno iniziato a chiudere laboratori e corsi di laurea, si pensava fossero problemi da Paesi in via di sviluppo. Penso che se non facciamo qualcosa di diverso, nel 2050-2055 avremo dimenticato. Dobbiamo fare sì che le nazioni collaborino. Bisogna fare una pianificazione per il futuro”. E se vero che “l’Oms è un ente di salute pubblica, ma è un ente anche politico perché rappresenta tante nazioni, ed è vero commette errori, magari all’inizio non si è mossa abbastanza rapidamente” sottolinea “non possiamo eliminare l’importanza dell’Oms per questo. Se andiamo nella direzione che io ho indicato, che è di allontanare la politica dalla scienza, abbiamo bisogno di essere in contatto con un’Oms che è un gruppo degno di fiducia, dobbiamo aiutarlo per quanto possibile”.
«Per gli Usa è importante ampliare i contatti con la comunità scientifica»

La pandemia, aggiunge, pone sfide nuove anche per gli Stati Uniti, che di recente hanno eletto Joe Biden alla presidenza. “L’amministrazione Usa dovrebbe ampliare i contatti con la comunità scientifica, non fare affidamento sulle poche persone che sono state scelte, magari per ragioni di mera natura politica. È importante ampliare i contatti con la comunità scientifica, che smettano di pensare di avere tutte le risposte e avviare una collaborazione più forte con l’Europa e magari anche con la Cina. Quando il presidente Biden entrerà formalmente in carica avrà dalla sua i vaccini, una maggiore conoscenza, ma anche una nuova straordinaria scoperta”. Il professore Yang Liu “ha raggiunto un risultato straordinario che ha consentito di salvare vite ovunque perché blocca l’infiammazione nei polmoni. I risultati preliminari sono incredibili, il limite è solo il costo dei farmaci, ma la ricerca è stata finanziata dalla Merk, che ne sosterrà la produzione” annuncia.
nino foti conferisce a robert gallo il premio internazionale magna grecia

Al termine dell’intervista, Gallo ha “virtualmente” ricevuto dal presidente della FMG, Nino Foti, il premio annuale. Riproduzione di una delle pinakes del V secolo avanti Cristo esposta al museo della Magna Grecia di Reggio Calabria – ha spiegato la scrittrice e strategist Paola Bottero – raffigura Persefone, secondo la mitologia greca condannata a vivere per sei mesi nell’Ade per poi tornare sulla terra per il resto dell’anno, “ed è proprio in quel momento che al suo passaggio nascono i fiori, c’è la rinascita della terra”.
La Fondazione ha deciso di conferire il premio “all’eccellente medico, biologo, virologo e accademico, pioniere di genio assoluto nel campo della ricerca, unico ad aver ricevuto due volte il premio Lasker per due scoperte che hanno cambiato la storia sanitaria mondiale: prima il virus umano a Rna causa di tumori, di alcune leucemie e linfomi, poi i retrovirus Hiv, causa dell’Aids. Ma va, in modo ancora più forte e determinato, all’uomo che fin dalla sua giovane età ha saputo trasformare il dolore in capacità di reagire e migliorare le cose.
Robert Gallo, il cui nonno piemontese emigrò in America per cercare nuove opportunità, nei suoi percorsi e nel modo di raggiungere gli obiettivi incarna i più elevati valori magnogreci, radici della cultura occidentale. Non perdere mai di vista il lato umano e sociale delle tragedie sanitarie che hanno rivoluzionato gli ultimi decenni, cercando di coniugare i progressi medici e scientifici con progressi umani che permettano di garantire a tutti la salute pubblica, oltre che una maggiore comprensione e tolleranza verso ogni persona, è l’insegnamento più alto che un uomo possa dare. Robert Gallo lo fa da sempre, e lo continua a fare”.