La crisi della pandemia analizzata dal Rapporto 2020 dell’ASviS – L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile
In Italia è boom di nuovi poveri. La pandemia ha peggiorato una situazione già ai limiti, accelerando l’arrivo ad un vero e proprio allarme sociale. L’emergenza della crisi si abbatte anche tra le persone in età lavorativa, e a pagare sono in particolare donne e minori.
È quanto emerge dal Rapporto 2020 dell’ASviS L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, analisi realizzata annualmente dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. I dati appena resi pubblici dall’ASviS descrivono l’andamento dell’Italia e dell’Europa verso i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) dell’Agenda 2030 dell’Onu.
il rapporto della caritas sulle nuove povertà
L’impatto economico e sociale della pandemia ha innescato nel Paese nuove forme di povertà e un’emergenza alimentare mai così grave.
Secondo il rapporto 2020 di Caritas Italiana “Gli anticorpi della solidarietà”, l’incidenza dei “nuovi poveri” in Italia è passata al 45% rispetto al 31% dello scorso anno.
Aumenta il peso della crisi su donne, giovani, famiglie con minori, nuclei di italiani (che ora risultano in maggioranza, 52% rispetto al 47,9% dello scorso anno) e persone in età lavorativa. Diminuisce invece l’impatto della grave marginalità, la percentuale di persone senza dimora, di stranieri e delle persone sole.
Tre i monitoraggi nazionali: uno ad aprile in pieno lockdown, il secondo a giugno, dopo la riapertura dei confini regionali, il terzo a settembre. Secondo l’indagine, nel periodo maggio / settembre 2020 quasi una persona su due si è rivolta alla Caritas per la prima volta.
450mila “nuovi poveri” tra marzo e maggio 2020
Tra marzo e maggio 2020, in piena emergenza, la rete Caritas ha registrato un forte incremento del numero di persone sostenute a livello parrocchiale. Circa 450mila persone, il 30% di “nuovi poveri”, per la prima volta in condizioni di disagio e deprivazione economica tali da dover chiedere aiuto. Tra questi prevalgono i disoccupati, i lavoratori precari o irregolari, i lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga.
Perdita del lavoro e difficoltà connesse al mantenimento dell’abitazione (affitto o mutuo) tra le prime cause. Ma anche fenomeni nuovi. Come le difficoltà di alcune famiglie rispetto alla didattica a distanza, per l’impossibilità di accedere a strumentazioni adeguate (tablet, pc, connessioni Wi-Fi).
miglioramenti tra giugno e agosto 2020
Nel periodo giugno – agosto 2020 si intravedono segnali di miglioramento rispetto al periodo del lockdown. Cala il numero degli assistiti, la media per diocesi scende da 2.990 persone (del periodo marzo-maggio) a circa 1.200.
Tra chi ha riconosciuto segnali di miglioramento, il 43% delle Caritas attribuisce una risonanza anche al Reddito di emergenza (Rem). Il Rem è la misura del Governo per supportare persone e famiglie in condizione di necessità economica e prive di ulteriori ammortizzatori sociali.
I dati di settembre iniziano a registrare una graduale e lenta ripresa. Ma bisognerà vedere cosa succederà con la stretta che stiamo per riaffrontare.
le misure del governo funzionano?
Le misure emergenziali disposte dal governo, in particolare di quelle volte a sostenere i redditi di famiglie e lavoratori, funzionano?
Parlano i dati della rilevazione su un campione di 756 nuclei beneficiari dei servizi Caritas nei mesi di giugno-luglio 2020. Il Rem è la misura più richiesta (26,3%). Ma con un tasso di accettazione delle domande più basso (30,2%) rispetto all’indennità per lavoratori domestici (61,9%), al bonus per lavoratori stagionali (58,3%) e al bonus per lavoratori flessibili (53,8%). Troppo difficile, secondo l’indagine, presentare le domande di Rem. Il numero delle domande accettate aumenta per chi si è fatto aiutare a compilarle dai volontari dei centri di ascolto. Il Rem è stato utilizzato da nuclei composti da adulti over 50, soprattutto single e mono-genitori con figli maggiorenni con reddito fino a 800 euro.
una crisi al femminile
Le donne hanno subito maggiormente la situazione di crisi, da due punti di vista. Il primo sul piano occupazionale, dati i settori in cui lavorano e l’instabilità dei contratti. Il secondo per quanto riguarda l’accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva e per l’aumento della violenza domestica durante il lockdown. A gravare ulteriormente su milioni di donne con figli hanno contribuito anche la chiusura delle scuole e le difficoltà connesse alla didattica a distanza. La gestione dello studio e la cura della famiglia, infatti, grava soprattutto sulle donne.
parità di genere in stallo

La pandemia rischia di far perdere terreno nella corsa verso una reale parità di genere. Sulla base degli indicatori elementari elaborati dall’Istat e da altre fonti, l’indicatore sintetico elaborato dall’ASviS mostra un andamento crescente dal 2010 al 2015. C’è una lieve flessione nel 2016, poi torna a crescere, anche se con più moderazione. L’ASviS ritiene che nel 2020 la crisi peggiorerà le disuguaglianze di genere (andamento freccia nel grafico).
violenza di genere
In merito alla violenza di genere, la Legge di Bilancio 2020 ha dimostrato più attenzione rispetto al passato, con vari provvedimenti. Come l’aumento dei finanziamenti (4 milioni di euro) per un Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere. O lo stanziamento di un milione di euro per il 2020, che raddoppieranno negli anni successivi per rafforzare la rete volta all’assistenza delle vittime di reato.
Positivo l’obbligo dell’esposizione del numero telefonico nazionale antiviolenza e anti-stalking 152225 nei locali delle amministrazioni pubbliche dove si erogano servizi diretti all’utenza, negli esercizi pubblici, nelle unità sanitarie locali e nelle farmacie. Positiva anche l’attuazione della Legge 19 luglio 2019 n. 69, il cosiddetto Codice rosso.
la situazione in Europa
A livello europeo non si registrano differenze particolarmente marcate tra i vari Paesi, come accade, invece, per altri indicatori. La differenza tra il Paese più virtuoso (Svezia) e quello in fondo alla classifica (Malta) è di 22,9 punti. Tranne la Croazia e la Lituania, tutti i Paesi mostrano un aumento dell’indice composito tra il 2010 e il 2018.
L’Italia è il Paese che presenta il miglioramento più ampio, grazie all’aumento della rappresentanza delle donne in parlamento e nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa.
Il nostro Paese si colloca in settima posizione, nonostante i forti ritardi sulla differenza occupazionale di genere che nel 2018 si attesta a quasi il doppio di quella europea (19,8% rispetto all’11,6%).