Dati allarmanti dal rapporto “Disuguaglianze digitali” promosso da “Con i Bambini” e Openpolis. La Calabria, regione meno connessa d’Italia, è distante di circa 14 punti dal Trentino Alto Adige, la più connessa
8,5 milioni di alunni sono rimasti a casa, dalle scuole d’infanzia agli istituti superiori
12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non aveva un pc o un tablet a casa prima della crisi Covid (2018-19)
26 su 28 la posizione dell’Italia in Ue rispetto alle competenze digitali dei giovani
-9 punti la distanza tra la quota di famiglie calabresi che hanno internet a casa e la media nazionale
86,45 le famiglie raggiunte dalla rete fissa di banda larga veloce nei comuni polo (in quelli periferici sono il 39,3%)
70% le scuole statali italiane per cui conosciamo il numero di pc e tablet
“Il Paese di fronte alla sfida digitale post Covid, tra disuguaglianze già esistenti e forti rischi di nuove povertà educative”. Questo il quadro offerto dal report “Disuguaglianze digitali. Bambini e famiglie tra possibilità di accesso alla rete e dotazioni tecnologiche nelle scuole” promosso dall’impresa sociale “Con i Bambini” e Openpolis, che fotografa una Italia molto lontana dalla strategia europea della gigabit society, agli ultimi posti delle classifiche europee e con profondi divari interni.
L’emergenza coronavirus, evidenzia il report, “ha messo a nudo ritardi strutturali sia sul fronte dell’accesso alle tecnologiche (rete e dispositivi) sia sulle competenze digitali, con profondi divari territoriali, tra Nord e Sud ma non solo. I divari nella velocità della connessione della rete internet oggi sono spesso sovrapponibili ai tempi di spostamento fisico tra città maggiori e aree interne”.
disuguaglianze digitali ulteriore dimensione della povertà educativa
Le disuguaglianze digitali, come confermano le analisi dell’Osservatorio promosso da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, “rappresentano una ulteriore dimensione della povertà educativa”.
In Italia, si legge nel report, “vivono 9,6 milioni di minori, durante il lungo lockdown 8 milioni e mezzo di bambini e ragazzi sono rimasti a casa. Uno scenario che ha acuito una serie di disagi preesistenti. Il 41,9 per cento dei minori, ad esempio, vive in una abitazione sovraffollata e il 7 per cento affronta anche un disagio abitativo (problemi strutturali). La povertà cresce al diminuire dell’età (la fascia 0-17 anni è quella dove l’incidenza della povertà assoluta resta maggiore) e, parallelamente, cresce all’aumentare del numero di figli: più una famiglia è numerosa, più è probabile che si trovi in povertà assoluta (circa il 20 per cento delle famiglie con 3 o più figli si trova in povertà assoluta). È di questo quadro sociale che dobbiamo tenere conto quando segnaliamo che l’emergenza ha imposto (o ribadito) alcune esigenze, in termini di digitalizzazione”.
il divario digitale va a sommarsi ad altri fattori di disuguaglianza
Il divario digitale si va infatti “a sommare ai fattori di disuguaglianza già esistenti: dalla condizione sociale al luogo di residenza. Basti pensare al gap in termini di velocità della rete vissuto dai ragazzi che abitano nelle aree interne (in Umbria, ad esempio, il 7 per cento delle famiglie senza internet imputa il motivo all’assenza di banda larga). Oppure alla disparità subita dalle famiglie che non possono garantire ai propri figli computer adeguati e connessioni veloci. (il 5,3 per cento delle famiglie con un figlio non può permettersi l’acquisto di un pc)”.
tanti i ritardi da recuperare nel processo di digitalizzazione
“I ritardi da recuperare” nella sfida digitale posta dal Covid-19 “sono molti, tutti riconducibili a un processo di digitalizzazione non ancora abbastanza inclusivo per i minori e le famiglie. Ce lo mostrano, tra le altre cose, la quota di famiglie che prima della crisi dichiaravano di non avere internet a casa per motivi economici, in particolare nel Mezzogiorno. Il 12,3 per cento dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni non possiede un pc o tablet a casa, quota che aumenta considerevole al Sud (20 per cento)”. Lo evidenzia il report dell’impresa sociale “Con i Bambini” e di Openpolis.
“Mentre l’Europa si prepara alla sfida della gigabit society, partendo non a caso proprio dai luoghi dove si formano le conoscenze di bambini e ragazzi per realizzare una società sempre più interconnessa, l’Italia è agli ultimi posti delle classifiche europee. Siamo al 25° posto su 28 nella classifica Desi 2020 (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società) seguiti solo da Romania, Grecia e Bulgaria – ricorda il rapporto -. Il nostro Paese è al 22° posto su 28 nella quota di famiglie con accesso a internet da casa nel 2019, mentre il 2 per cento delle famiglie con figli non ha internet a casa per motivi legati al costo. Il doppio della media Ue”.
restano grandi divari tra le regioni italiane
Allo stesso tempo, “restano ancora profondi i divari tra le diverse regioni italiane. A fronte di una media nazionale del 76,1 per cento di famiglie connesse, restano indietro soprattutto le regioni meridionali. La Calabria con il 67,3 per cento (quasi 9 punti al di sotto della media nazionale) mantiene invariato il ritardo rispetto alla regione più connessa (il Trentino Alto Adige, 81,1% con una differenza di 13,8 punti percentuali. Seguono Molise e Basilicata (69%), Sicilia (69,4%) e Puglia (69,6%). Con l’eccezione della Sardegna, nessuna regione del Sud ha una quota di famiglie con accesso a internet superiore al dato nazionale”.
Non solo: “Oltre 1 milione di minori vive nei 4mila comuni dove nessuna famiglia è raggiunta dalla rete fissa a 30Mbps. Nella classifica delle province con più minori in comuni non raggiunti dalla rete fissa di banda larga veloce, ai primi tre posti troviamo tre territori meridionali (Nuoro, Isernia, Oristano)”.
Il report evidenzia che “le aree metropolitane registrano la quota più alta di famiglie che dispongono di una connessione domestica (80,4 %). Nonostante una crescita significativa (+23,8 punti), i piccoli comuni con meno di 2.000 abitanti restano quelli con meno famiglie connesse”. Tra le cause, “il costo e la copertura della rete dove si abita. Al Nord, l’alto costo del collegamento è indicato dal 6-7 per cento di chi non ha una connessione a internet, quota quasi doppia al Sud e nelle isole con l’11,9 per cento delle famiglie senza internet. La Campania è la regione con più famiglie che segnalano gli ostacoli legati al costo (14,3%)”.
quali scuole troveranno i ragazzi una volta finita l’emergenza covid?
“Finita l’emergenza, quali scuole troveranno i ragazzi una volta tornati in classe?”: è la domanda posta nel report. “Il presupposto, affinché il potenziamento della connettività delle scuole sia efficace, è ovviamente la presenza di una strumentazione tecnologica adeguata per la didattica (lavagne multimediali, tablet, pc)”, sottolinea il rapporto. Secondo l’indagine ufficiale del Miur relativa all’anno scolastico 2014/15, “le regioni con più tecnologie per alunno sono risultate essere, oltre alla Lombardia, alcune regioni meridionali come la Calabria (prima per numero di dispositivi, uno ogni 5,3 alunni), la Sicilia e la Puglia, grazie ai contributi europei 2007-13”. Nell’anno scolastico 2018/2019 “nelle scuole italiane ogni 100 alunni erano presenti in media 5,7 pc/tablet e 1,8 lim (o proiettori interattivi/smart tv)”. Prima dell’emergenza, “i dati indicano profonde differenze interne anche all’interno delle stesse regioni. Ad esempio in Campania, al dato di Benevento (prima nella regione, sia per lim sia per pc per alunno) si contrappone quello della città metropolitana di Napoli (ultima nel rapporto dispositivi/alunni). In Puglia, la città metropolitana di Bari è prima nella regione per diffusione delle lavagne multimediali, mentre sui computer è Brindisi ad avere i valori più alti. Agli ultimi posti nel rapporto pc/alunni la provincia di Foggia”. Nell’Italia settentrionale invece “spiccano Sondrio (10,9 pc o tablet ogni 100 alunni), Rovigo e Lecco. Agli ultimi posti invece Genova, Rimini e Gorizia”. In quella centrale, “al dato della provincia di Siena (10,6 pc e tablet ogni 100 alunni) si contrappone quello della città metropolitana di Roma (con 3,6 pc e tablet)”.
la quota di giovani italiani che “padroneggiano” il digitale è più bassa della media ue
In termini di competenze (email, videochiamate, trasferimento file, utilizzo software, ecc), secondo l’indicatore dell’Eurostat, in Italia “la quota di giovani tra 16 e 19 anni che padroneggiano gli strumenti digitali è più bassa (64%) rispetto alla media Ue (83%) con oltre 20 punti di distacco da Regno Unito, Germania e Spagna. Siamo penultimi (26 su 28) nella classifica dei Pesi Ue dove i giovani leggono di più i giornali online. E anche qui con forti differenze sociali interne. Quasi il 74% degli studenti di famiglie avvantaggiate usa internet per leggere notizie, mentre tra quelli svantaggiati la quota scende a poco più del 60%”.
Si tratta di un gap che, precisa il rapporto, “ci parla di disuguaglianze che vanno ben oltre quelle digitali. Riguardano il diritto dei minori a non cadere nella trappola della povertà educativa”: “Un divario educativo interno e con gli altri Paesi Ue che non potrà essere compensato solo con più computer e tablet”, “perché non stiamo parlando solo di divari tecnologici, comunque gravi ma risolvibili attraverso interventi economici mirati ed efficaci. Stiamo parlando di disuguaglianze sociali radicate, profonde, per cui serve una strategia di lungo periodo, sinergica con quella per il contrasto della povertà educativa”.